Come potrebbe essere Nato il conflitto ucraino?
Forse la storia può aiutare a comprendere gli eventi del presente? Cerchiamo di capire quello che sta accadendo in Ucraina da una diversa prospettiva, tramite un’estrema sintesi storica generale. Sorvoliamo pure sulle origini oggi paradossali, cioè sul fatto che le radici dell’identità nazionale russa siano da collegarsi inevitabilmente ai Rus’ di Kiev. Tralasciamo le invasioni mongole, l’influenza del dominio polacco e lituano e la nascita dei cosacchi di questa regione. Partiamo dunque dall’Impero zarista. Il territorio dell’odierna Ucraina nel corso dei secoli non è stato mai realmente unito in un blocco monolitico e il processo di unità nazionale è stato molto complesso, come al solito frutto di scontri, compromessi e costruzioni d’identità e forme di potere differenti. In seguito alla definitiva conquista territoriale zarista (per inciso esistevano ucraini sudditi dell’Impero austro-ungarico, chiamati ruteni), sotto l’aquila bicipite dei Romanov, gli ucraini erano divisi nella cosiddetta Piccola Russia, nella Russia Meridionale e nella Russia Occidentale. Fu solo grazie alla Rivoluzione d’Ottobre, che venne colta concretamente la possibilità dell’indipendenza per le innumerevoli minoranze etniche dell’ex impero feudale. Irrimediabilmente però scoppiò la guerra civile e una conseguente crociata internazionale antibolscevica. Il Partito Comunista Russo (Bolscevico), da notare che il vocabolo russo utilizzato fu rossijkaja che indicava il vastissimo territorio dell’impero russo e non russkaja che indicava l’etnia russa, come nella gran parte dei fronti dovette misurarsi con tanti rivali diversi.1 Non solo dunque i bianchi (reazionari zaristi, borghesi, menscevichi e socialisti rivoluzionari), ma anche i nazionalisti ucraini della Rada, gli anarchici di Machno, le cosiddette armate verdi dei contadini in rivolta, i cosacchi ricchi del Dnepr. In questa regione fu fondamentale però l’intervento imperialistico del Kaiser prima e dell’Intesa poi. La pace di Brest-Litovsk, se da una parte permise alla rivoluzione proletaria di sopravvivere, dall’altra infiammò notevolmente la guerra civile, alimentando la causa controrivoluzionaria. Questo conflitto su tutti i livelli fu sconvolgente in maniera quasi inimmaginabile. Morte onnipresente; fame e povertà endemiche; freddo glaciale connesso con mancanze di combustibili, vestiti e manufatti basilari; epidemie e violenze di ogni sorte; si intrecciarono in un modo inaudito, nella fermezza delle contrapposizioni politiche, religiose, economico-sociali e di classe. 14 paesi stranieri invasero il territorio del nuovo potere sovietico. 14 proprio come i paesi provenienti dall’ex Urss, dal ex patto di Varsavia e dall’ex Jugoslavia, entrati a far parte della Nato negli ultimi 30 anni. Durante la terribile guerra civile russa Kiev passò di mano 21 volte in 3 anni.2 Con la fondazione dell’URSS nel 1922, l’Ucraina divenne una delle repubbliche sovietiche più importanti, la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Gli ucraini erano la seconda etnia più numerosa, dopo quella russa. Entrambe, insieme ai russi bianchi (bielorussi) erano considerati slavi. Dovrebbe essere questa la punta di diamante dell’origine dell’indipendenza ucraina. Invece la realtà come la storia, non si fermano. Una volta preso il potere, la rivoluzione non finisce, ma inizia. Nella fase di transizione vero il comunismo, l’estinzione delle classi sociali e dello stato, la lotta di classe in generale, non si esaurisce, ma può anche amplificarsi, soprattutto se sei l’unico paese al mondo che si definisce socialista e proletario e prova a costruire ciò che nessuno aveva mai tentato di fare prima nella storia dell’umanità. La gestione del potere è molto più complessa e difficile della presa. Il marxismo e il comunismo occidentale dovrebbero tenerlo sempre presente.3 Andiamo avanti con la cronologia storica. La collettivizzazione fu si forzata, ma non solo dall’alto, principalmente dal basso. Dall’immensa partecipazione dei contadini poveri. Sono numerosi i documenti che attestano l’intervento dell’autorità centrale per frenare la sete di vendetta contro i kulaki. Non possiamo affrontare qui la questione Holodomor, bastino alcuni dati esemplificativi per fare incrinare le comuni certezze. La maggior parte delle fonti su questo presunto genocidio sono di matrice nazifascista. Riprese nel periodo del maccartismo, da pseudo storici, come Robert Conquest ex membro dei servizi segreti britannici, aiutati in quest’operazione culturale dalla destalinizzazione partita dal XX congresso del PCUS nel 1956. Ormai però sappiamo che il cosiddetto rapporto segreto di Chruščëv è un falso storico.4 L’operazione revisionista si concluse con una parvenza inattaccabile d’obbiettività fornita dalle prestigiose università americane e occidentali, nel periodo straripante del neoliberismo, alla corte di Regan e della Thatcher. Basti un solo dato, gran parte delle fotografie relative all’Holomodor, sono in realtà della carestia del 1921-22.5 Nessuno vuole negare la carestia degli anni trenta in Ucraina, fenomeno purtroppo ciclico nella Russia moderna e dalle numerose concause. Bisogna però smascherare l’accusa di genocidio premeditato da parte delle autorità sovietiche, diventato poi baluardo dell’estremismo nazionalistico ucraino e uno dei tanti attacchi costruiti per disintegrare l’ideale comunista, parificandolo a quello nazista, come hanno dimostrato i corrotti burocrati di Bruxelles poco tempo fa. Perché allora non paragonare ciò che hanno fatto insieme liberalismo e capitalismo in nome della democrazia? In questo caso il metodo comparativo sarebbe minacciato da un pericolosissimo effetto boomerang. Giungiamo dunque alla Seconda guerra mondiale, dove il primo territorio sovietico conquistato dalle forze dell’Asse fu appunto la “terra di confine”. Una volta occupata, più di 30.000 volontari si arruolarono nelle SS e insieme alle frange nazionaliste del criminale di guerra Bandera, si resero protagoniste di massacri indiscriminati, appoggiando lo stermino sistematico nazista e la sua spinta colonizzatrice. A testimonianza della funzione pianificata da tempo della quinta colonna collaborazionista, che in URSS fu per la fortuna del mondo intero quasi totalmente eliminata. Il nazismo è stato sconfitto sul fronte orientale, è un dato di fatto. Il popolo dei signori che sognava un altro selvaggio West, delle Indie orientali tedesche, sul modello degli imperi anglosassoni, fu sconfitto a Stalingrado da un esercito considerato inferiore e composto da schiavi. L’Ucraina che conosciamo oggi a livello territoriale si definì quindi solo dopo le immense vittorie dell’Armata rossa, ampliandosi successivamente con la cessione della Crimea da parte di Chruščëv, che nonostante la sua infima statura politica, mai avrebbe pensato di creare tanti problemi con un semplice spostamento di confini all’interno dell’Unione sovietica. Il colpo di stato di Piazza Maidan finanziato e appoggiato dall’Occidente, il battaglione Azov, Pravyj sektor e il nazionalismo ucraino in generale, a chi inneggiano? A Nestor Machno? A Kaganovič? A Pugačëv? A Lenin? No, proprio no! Inneggiano al nazista collaborazionista Stepan Bandera! Il massacro alla casa dei sindacati ad Odessa, la repressione feroce e la messa al bando del Partito comunista ucraino dal 2014 e quella odierna dei partiti d’opposizione, la guerra contro le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dal 2014 con quasi 15.000 persone uccise, sono tutti tasselli di uno stesso mosaico. Il rapporto presentato al VII Congresso dell’Internazionale Comunista il 2 agosto 1935 da Georgi Dimitrov è ancora molto valido per comprendere la funzione del fascismo per le classi dominanti. Durante la guerra fredda, la RSSU fu innegabilmente prospera su vari livelli. Sicuramente il disastro di Chernobyl, segnò il punto più tragico e basso della parabola sovietica. Perché però si vuole nascondere con quale violenza fu introdotto il capitalismo in questi territori? Da dove pensate che nasca il potere degli oligarchi? Spostiamoci ora sull’altro fronte della contrapposizione. La nascita della NATO potrebbe essere collocata già all’interno del secondo conflitto bellico mondiale. Non c’era altro motivo plausibile per cui usare la bomba atomica contro il Giappone ormai inerme e braccato dall’Armata Rossa, se non quello di lanciare un monito al mondo intero e in particolare all’Urss. Gli archivi delle riunioni della Nato, indicano senza dubbio l’intento ostile e offensivo al blocco socialista. Bisognava assolutamente fermare l’avanzata del socialismo reale e nello stesso tempo controllare l’epocale processo di decolonizzazione. Ammettiamo pure che la Nato sia stata concepita come un’alleanza difensiva in funzione antisovietica. Perché a più di trent’anni dalla dissoluzione dell’“Impero del male”, la Nato non solo esiste ancora, ma si è ampliata anno dopo anno verso est, stracciando ogni tipo d’accordo internazionale sugli armamenti? Conosciamo tutti i difetti di Putin, come eravamo a conoscenza di quelli di Saddam, di Miloševic, di Gheddafi e di Assad, per citarne alcuni. La posizione contro la guerra e per la pace tra i popoli non è mai sbagliata a livello teorico. L’imperialismo è ancora la fase suprema del capitalismo. La situazione attuale è invece diversa da quella di oltre un secolo fa. Non serve a niente parlare di socialsciovinismo. Pur essendoci consuete similitudini storico-politiche, non siamo nello stesso contesto, perché la storia non si ripete mai allo stesso modo. C’è un fatto concreto e duro da rimuovere. Dalla caduta dell’Unione Sovietica e del socialismo reale, l’espansione della Nato a livello geopolitico e militare, la globalizzazione economica e la dittatura culturale, riassumibili nella calzante espressione di totalitarismo liberale6, non possono essere rimossi dalla realtà. La storia e il presente dell’imperialismo americano e della sua corte occidentale sono il principale problema mondiale su tutti i livelli. La doppia morale ipocrita da chi si atteggia da gendarme del mondo, quando si comporta da più di un secolo come il boia dei popoli e degli stati non allineati, come è possibile digerirla ed accettarla? Noi siamo in Italia, siamo in fin dei conti complici servili delle trame americane dal 1945 in poi. La nostra critica principale va rivolta contro La Nato e gli Stati Uniti, il resto è secondario. Consiglio a chi si rifà ancora a Marx e Lenin di studiare il loro pensiero e la loro pratica per intero, non per pillole. Volgiamo lo sguardo ad esempio sulla posizione di Marx riguardo alla lotta di liberazione nazionale in Polonia ed Irlanda o riguardo alla guerra civile americana. Gli accordi politici presi da Lenin nel passaggio tra il comunismo di guerra e la NEP, la dialettica del suo pensiero prima e dopo la rivoluzione. Noi proletari non abbiamo niente da perdere, se non le nostre catene e la nostra subalternità. Finalmente abbiamo capito tutti che la storia non è finita. La pace non è percorribile sui binari della Nato, con l’invio di armi ai contendenti e una propaganda di guerra feroce. La pace va costruita giorno per giorno, in seno a tutti i popoli del mondo. Non possono ancora esistere guerre di serie A e guerre di serie B, civili, bambini, rifugiati di serie A e di serie B. La classificazione gerarchica e razzista dei popoli resuscita dai meandri oscuri della storia, ma con essa riappare la lotta di classe, unita a quella per il riconoscimento e la dignità.
Il nemico principale della pace e dell’umanità rimane l’élite borghese imperialista rappresentata e guidata dagli Usa. Per acquisire o rafforzare questa consapevolezza risulta molto utile l’analisi storica. Per questo motivo consiglio l’ultimo lavoro di A. Pascale, Ascesa e declino dell’impero statunitense, tomo 1 – Genesi di un regime elitario (dalle origini al 1945), La Città del Sole-L’AntiDiplomatico, Napoli, 2022. In attesa del secondo volume, il quale giungerà fino ai giorni nostri. Dobbiamo organizzarci, resistere e unirci attorno a parole d’ordine necessarie, in primis: Fuori l’Italia dalla Nato!
Pietro Terzan
1 ? Edward H. Carr, La rivoluzione bolscevica 1917-1923, Torino, Giulio Einaudi editore, 1964. In particolare la parte terza, Disgregazione e accentramento.
2 ? Francesco Dei, La rivoluzione sotto assedio. Storia militare della civile russa. 1919-1922 Volume II, Milano, Mimesis edizioni, 2018
3 ? Domenico Losurdo, Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere, Bari, Gius. Laterza & Figli, 2017
4 ? G. Furr, Krusciov mentì: la prova che tutte le “rivelazioni” sui “crimini” di Stalin (e di Beria) nel famigerato “Rapporto segreto” di Nikita Krusciov al XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica del 25 febbraio 1956, sono dimostrabilmente false, Napoli, La Città del Sole, 2013
5 ? Ludo Martens, Stalin un altro punto di vista, Zambon Editore, 2016. In particolare Capitoli 4 e 5.
6 ? A. Pascale, Il totalitarismo “liberale”. Le tecniche imperialiste per l’egemonia culturale, Napoli, La Città del Sole, 2018
STORIA DEL COMUNISMO
Storia del Comunismo. Le lotte di classe nell’era del socialismo (1917-2017).
Un secolo di storia contemporanea riletto in 4 tomi con la metodologia del materialismo storico. A cura di Alessandro Pascale, storico e insegnante.
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