STALIN E LE QUATTRO LEGGI GENERALI DELLA DIALETTICA
Di Giovanna Melia e Alessandro Pascale
Nel loro stimolante saggio filosofico, intitolato Logica dialettica e l’essere del nulla (l’AD edizioni, introduzione di Giulia Bertotto), Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli contribuiscono indirettamente a riportare alla luce della teoria marxista due misconosciute leggi generali della dialettica materialista: e cioè la legge della trasformazione ininterrotta del cosmo e quella dell’interconnessione universale (la “rete di Indra”) tra i diversi enti e processi naturali.
Si tratta di una materia teoretica di notevole rilevanza anche ai nostri giorni e che era già stata sottoposta alle acute osservazioni – passate purtroppo sotto un clamoroso e quasi secolare silenzio – prodotte in precedenza da J. V. Stalin nel suo celebre scritto Materialismo dialettico e materialismo storico del 1938, il quarto capitolo del libro collettivo Storia del partito comunista (b) dell’Unione Sovietica. Breve corso.1
È noto che, seguendo le orme analitiche di Hegel, il grande rivoluzionario Friedrich Engels individuò tre leggi generali della dialettica, e cioè:
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la compenetrazione di tendenze e controtendenze, di poli opposti all’interno di ogni cosa e processo materiale;
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la trasformazione della quantità in qualità, raggiunta una determinata soglia critica e un punto nodale di accumulazione quantitativa;
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la negazione della negazione, ossia la formazione di una nuova modalità di unità/lotta di tendenze opposte sulla base del processo ormai superato e sorpassato.2
Volutamente Stalin, all’inizio del suo saggio, indicò invece quattro «tratti essenziali» del metodo dialettico marxista, ossia:
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l’interconnessione universale di «oggetti, fenomeni» che «dipendono l’uno dall’altro» (Stalin);
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lo stato perenne di trasformazione della natura, a partire da «ciò che nasce e si sviluppa» (Stalin);
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la trasformazione della quantità in qualità, per effetto del processo di accumulazione di «impercettibili e graduali cambiamenti qualitativi» (Stalin);
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l’unità e lotta di tendenze opposte e di «contraddizioni interne» (Stalin) all’interno di tutti gli «oggetti e fenomeni della natura».
Verrà trattata in un futuro libro la questione dei giustificati e razionali motivi che spinsero Stalin, a differenza di Engels, a inserire l’interconnessione universale e la costante trasformazione del cosmo tra le leggi generali della dialettica, togliendo viceversa da esse, simultaneamente e per ottime ragioni teoriche, il processo di negazione della negazione.
Nel saggio sopracitato, Logica dialettica e l’essere del nulla, si possono in ogni caso estrapolare molti esempi concreti sulle due sopracitate leggi generali, introdotte nel 1938 da Stalin.
Ad esempio Burgio, Leoni e Sidoli a un certo punto descrivono caratteristiche speculari dei quark, dei fotoni e dei bosoni di Higgs.
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Appena sopra il misterioso livello di esistenza/inesistenza del vuoto quantistico si riproducono, dappertutto e in ogni luogo, gli innumerevoli e basilari quark, i quali in ogni caso non sussistono in modo isolato. Anche se ciascuno di questi ultimi mantiene nel tempo, ogni secondo e microsecondo, una propria continuità ontologica e identitaria, simultaneamente e senza sosta ogni quark altresì si trasforma e cambia ininterrottamente, almeno rispetto alla propria particolare carica di colore: intendendo per quest’ultima una particolare proprietà dei quark e delle particelle che essi si scambiano (denominate gluoni), le quali consentono alle particelle nucleari e subnucleari dell’atomo di legarsi tra loro nell’interazione forte, e quindi nella più intensa e potente forza fondamentale dell’universo.
«I quark e i gluoni sono particelle dotate di carica di colore. Se le particelle dotate di carica elettrica interagiscono scambiandosi fotoni, allo stesso modo le particelle dotate di carica di colore si scambiano gluoni in interazioni forti. Così facendo, le particelle con carica di colore si “incollano” tra loro – gluone deriva dall’inglese “glue”, che significa “colla”. La differenza principale tra l’interazione forte e quella elettromagnetica è che i mediatori dell’interazione forte (i gluoni) hanno essi stessi una carica di colore; quelli dell’interazione elettromagnetica (i fotoni), invece, non hanno carica elettrica. Due o più quark vicini tra loro si scambiano incessantemente gluoni, creando un “campo di forza di colore” molto forte che li lega. Ci sono tre cariche di colore, e tre corrispondenti cariche di colore complementari (anti-colore). Un quark cambia continuamente la sua carica di colore dato che scambia gluoni con altri quark».3
Ogni quark, dunque, “cambia continuamente” e senza sosta, senza tuttavia perdere l’identità “A” che lo compone, almeno in parte: quindi risulta e si rivela A e anche non A, in ogni dato istante.
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Ma, si potrebbe obiettare, ogni elettrone risulta e rimane in ogni istante solo un elettrone. A = A, quindi, con gioco e partita chiusa a favore di Aristotele.
Grave errore, invece.
La dura e dialettica realtà, fatto indiscutibile perché provato miriadi di volte dalla praxis scientifica, è che ogni elettrone “A” e ogni fotone “A” costituiscono contemporaneamente sia un’onda che un corpuscolo, allo stesso tempo e simultaneamente: come del resto hanno dimostrato anche una serie di immagini riprese nel 2015 dal Politecnico di Losanna, le quali hanno attestato ulteriormente e in modo suggestivo la fallacia del principio aristotelico di identità mostrando anche visivamente «la doppia natura della luce contemporaneamente: onde e fotoni catturati assieme».4
Per quanto riguarda l’altrettanto importante bosone di Higgs, tale particella elementare, scalare e massiva (=A), associata al campo di Higgs, svolge su scala universale un ruolo fondamentale conferendo senza sosta la massa (= non A) e la “sostanza”, per così dire, a tutte le altre particelle elementari attraverso il fenomeno della rottura spontanea di simmetria.5
Le conoscenze attuali a cui è giunta l’umanità ci parlano insomma di un sostanziale dualismo ontologico permanente ed ineliminabile, tale da rendere il divenire la caratteristica stessa della realtà. Si può comprendere meglio a questo punto anche le ragioni dell’operazione di recupero della parte più progressiva della tradizione culturale cinese da parte del PCC. L’intera tradizione taoista, e non solo, si fonda sulla separazione ma convivenza eterna e necessaria dei due opposti, Yin e Yang.
Anche in Occidente ci si potrebbe chiedere se non si possa rileggere la storia della filosofia e delle altre grandi culture antiche, portatori di una “sapienza perduta” (l’alètheia) in linea con le scoperte scientifiche attuali: molti autori hanno parlato di una realtà sensibile caratterizzata dalla lotta degli opposti (Anassimandro, Pitagora, Eraclito). Parmenide fu il primo apparentemente a rompere questa idea così diffusa per affermare un principio ontologico che racchiudeva anche il principio della logica formale: l’essere è e non può non essere; il non essere non è e non può essere. Parmenide nega il divenire dell’essere. Tale divenire è ingannevole, e riguarda il mondo sensibile, che viene così privato di valore rispetto al vero “essere”. Si potrebbe replicare a Parmenide che lo stesso Essere è in pari tempo anche Non-Essere, o meglio che l’Essere non è solo Atto, come affermato dalla teologia razionale di Aristotele e sulla sua scia tutto il cristianesimo, ma costitutivamente Atto e Potenza. Sarà con Fichte ed Hegel che si riaffermerà il nesso strutturale tra l’Essere (l’Io di Fichte, lo Spirito Assoluto di Hegel) e il suo carattere duale con cui si spiega il progressivo divenire razionale del mondo. Entrambi porranno il tema dell’avanzamento dello “spirito” razionale attraverso nazioni e personalità straordinarie.
Marx ed Engels faranno propria la concezione di una dialettica costitutiva della realtà, ponendo in primo piano il carattere materiale dell’Essere originario, svuotando l’idea di un Dio spirituale antropomorfo ed affermando che a “fare la storia” possano essere anche i movimenti popolari degli sfruttati, opportunamente indirizzati e organizzati da altrettanti uomini e donne straordinari.
Riflettendo ulteriormente sulle conseguenze delle cognizioni scientifiche attualmente in nostro possesso: il fatto che la materia sia intrinsecamente connessa con l’energia è quindi caratteristica non solo della natura esistente, ma dello stesso Essere originario costitutivo (ciò che esiste al momento del Big Bang), che in quanto tale esiste nella molteplicità e nella contraddizione. Non c’è mai quindi una sola ragione e realtà, ma sempre almeno due. Politicamente non vuol dire questo che rimarrà in eterno la ripartizione tra sfruttati e sfruttatori? Non necessariamente, ma vuol dire che la tendenza all’imprevedibilità (il clinàmen epicureo…) e alla rottura dell’unità rimane una componente ineliminabile insita in ogni elemento della materia, compreso l’essere umano che in ogni fase storica cerca di vivere in società affermando la propria individualità. Un risvolto importante logicamente di tali aspetti è che le leggi della dialettica continueranno a valere anche dopo il capitalismo: la lotta di classe, nelle sue manifestazioni visibili, proseguirà per molto tempo nel socialismo, e se pure terminasse “attualmente” nel comunismo, nel migliore dei casi sussisterebbe eternamente a livello potenziale in ogni individualità futura non organicamente connessa con la collettività. Tutto ciò rafforza la necessità per i marxisti di consolidare la propria riflessione politica sull’organizzazione di un corretto equilibrio nel rapporto tra Stato e individuo, ma anche in campo etico sulla necessità di elaborare un’etica del limite e dell’equilibrio, per costruire la quale attingere dalla sapienza antica torna certamente utile (come Xi Jinping sa bene).
Sono solo spunti e fonti di riflessione, che tuttavia si possono dilatare e ampliare a piacere fino ad affrontare il livello della riproduzione delle leggi generali della filosofia materialistica, del marxismo non dogmatico e in continuo processo di sviluppo. Una praxis creativa che si può avvalere anche di segmenti poco studiati e contenuti nei geniali Quaderni filosofici di Lenin: come ad esempio le categorie teoriche del «processo infinito di approfondimento della conoscenza umana delle cose, dei fenomeni, ecc.», della «lotta del contenuto con la forma, e viceversa» e del passaggio del «fenomeno all’essenza, dall’essenza meno profonda all’essenza più profonda».6
Ancora più importante sarebbe riutilizzare la geniale frase di Lenin scritta in riferimento al campo gnoseologico e secondo la quale «la coscienza umana non solo rispecchia il mondo oggettivo, ma lo crea anche», sempre contenuta nei Quaderni filosofici.7
Brilla come una supernova nel campo filosofico il nuovo concetto analitico di riproduzione creativa (tramite i sensi, la praxis, ecc.) di un mondo oggettivo esistente indipendentemente dal genere umano: una categoria teorica di matrice leninista quasi dimenticata, ma estremamente importante e su cui si deve indagare molto attentamente e in profondità.
1 F. Engels, AntiDuhring, pp. 50, 57,68,128 e 139, Editori Riuniti; I. V. Stalin, Questioni del leninismo, pp. 581-582, Edizioni in lingue estere, Mosca 1946.
2 F. Engels, Dialettica della natura, Editori Riuniti.
3La carica di colore e il confinamento, Infn.it.
5 D. Bianco Laserna, Il bosone di Higgs: la particella che dà sostanza a tutte le cose, RBA, 2015.
6 V. I. Lenin, Quaderni filosofici, p. 206, Einaudi.
7 Ibidem; E. Ilienkov, Logica dialettica, p. 257, Progress.
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Storia del Comunismo. Le lotte di classe nell’era del socialismo (1917-2017).
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