La Cina e le coordinate generali sulla dinamica della politica internazionale del XXI secolo

Mag 26, 2021 | articolo

[articolo contenuto nel libro collettivo di F. Giannini, A. Pascale, M. Pondrelli, D. Burgio, M. Leoni e R. Sidoli e Autori Vari, testo intitolato Cina: il leninismo del Ventunesimo secolo che si può trovare per intero da martedì su mondorosso.wordpress.com]

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

La prima categoria da utilizzare, per un’indispensabile mappatura politica del pianeta all’inizio del terzo millennio, è diventata a partire dal 2010-2013, il primato economico ormai acquisito dalla Cina popolare in termini di prodotto interno lordo a parità di potere d’acquisto in base persino ai dati empirici forniti dalla Central Intelligence Agency di Langley, mentre negli ultimi anni Pechino ha ormai raggiunto Washington anche in campo tecnoscientifico e finanziario.

Si tratta di una nuova fase storica di supremazia non-bellica che costituisce un evento di portata mondiale sia sul piano produttivo che politico, come del resto si rivelò anche in passato l’analogo sorpasso produttivo effettuato nel 1880 dagli Stati Uniti rispetto alla Gran Bretagna: tale gigantesco fenomeno è stato finora nascosto e celato di solito da parte dei massmedia e degli studiosi occidentali, oltre che da quasi tutti i leader della sinistra ivi compresa quella “antagonista”, dimostrando per l’ennesima volta le manipolazioni molteplici a cui è sottoposta l’opinione pubblica delle metropoli imperialiste.

La seconda stella polare nel processo di analisi delle relazioni internazionali contemporanee è rappresentata invece dalla nuova guerra fredda, proteiforme ma costante, scatenata dall’imperialismo statunitense e dai suoi più stretti alleati (Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda) contro il nuovo e asiatico numero uno produttivo del globo fin dall’inizio del 2012 con il “Pivot to Asia” di Obama, senza differenze sostanziali tra ala democratica e quella repubblicana dell’establishment a stelle e strisce.

Provocazioni di navi americane contro la Cina ai confini del Mar Cinese Meridionale appoggio ai separatisti tibetani, di Hong Kong (si pensi anche al lontano movimento degli “ombrelli” del 2014) e uiguri; dazi e guerre commerciali; conflitto tecnologico con Pechino sui chip, 5G e Huawei formano solo alcuni dei tasselli di un mosaico ormai decennale che larga parte della sinistra occidentale ha preferito ignorare o mal interpretare, da vera sinistra imperiale che riproduce senza sosta la principale contraddizione tuttora attiva e operante all’interno dell’arena internazionale anche all’inizio del 2021.

Il terzo cardine di quest’ultima è costituito dallo scontro globale tra il variegato fronte antiegemonico e della pace, imperniato principalmente su Cina e Russia, e la logica di dominio planetario espressa senza sosta dal promotore di aggressione – militare, paramilitare e di natura politica-propagandistica – più importante del pianeta. Ossia quell’imperialismo statunitense che con i suoi alleati, a partire da Israele e Arabia Saudita, rappresenta il principale e costante pericolo per la sopravvivenza del pianeta attraverso le sue basi e suoi consiglieri militari a stelle e strisce sparsi ormai in quasi centocinquanta nazioni, e quindi in tre quarti dei paesi della Terra, oltre che mediante un livello di spese militari che, nell’ultimo decennio, persino secondo i dati del filo-occidentale Istituto Sipri costituisce ancora il 40 percento del budget militare del nostro pianeta.

Quarta coordinata: all’interno dello scontro planetario ormai plurisecolare tra capitalismo e comunismo, generatosi e riprodottosi senza sosta per tutto il globo a partire dall’Ottobre Rosso del 1917, fermo restando il peso specifico significativo di altri stati socialisti (Vietnam, Cuba, ecc.) e le potenzialità latenti nella classe operaia occidentale e nei movimenti/stati antimperialisti del sud del pianeta, la Cina popolare costituisce attualmente la forza motrice principale del movimento comunista mondiale e del processo storico dell’umanità, oltre che il più importante vettore politico-materiale che alimenta la tendenza progressiva del genere umano.

Attraverso il processo multilaterale di crescita della Cina (prevalentemente) socialista si creano infatti le condizioni necessarie al fine di rafforzare l’intero processo di sviluppo del comunismo nei diversi paesi, ivi comprese le metropoli imperialiste, grazie alla forza di attrazione del “magnete” politico-sociale formato dall’aumento continuo del potere d’acquisto dei lavoratori cinesi e dai progressi raggiunti da Pechino in campo tecnoscientifico; viceversa qualunque insuccesso e ogni crisi riportata dalla Cina Popolare specularmente produce un arretramento complessivo del movimento antagonista, il quale tra l’altro non si è ancora ripreso del tutto dal crollo del Muro di Berlino e dal “decennio triste” costituito dagli anni compresi tra il 1989 e il 1998.

Un altro fronte e spazio operativo assai concreto, all’interno della gigantesca lotta attualmente in corso a livello mondiale, è rappresentato dalla competizione scientifica e tecnologica che si sta sviluppando da almeno quindici anni essenzialmente tra Cina e Stati Uniti.

Intelligenza artificiale; computer quantistici; robot e automatizzazione del processo produttivo, ivi compresi i trasporti (guida autonoma); cellulari e sistemi di comunicazione a 5G e 6G; corsa allo spazio cosmico; fusione termonucleare con la creazione del “Sole artificiale” e nanotecnologie, formano i principali anelli di una particolare, continua e assillante “corsa al riarmo” di natura scientifico-tecnologica il cui esito, già durante il decennio in corso, influenzerà in modo significativo anche i rapporti di forza politico-sociali su scala planetaria tra socialismo e capitalismo.

Sesto cardine dell’attuale processo di sviluppo della politica internazionale: il grado concreto di capacità del Sud del pianeta, a partire dall’Africa e dall’America Latina, di uscire finalmente dal sottosviluppo (e dall’ipersfruttamento da parte delle metropoli imperialistiche) vincendo fame, mancanza di acqua potabile, assenza di istruzione e molte malattie facilmente evitabili. Livello di forza e potenzialità che, a loro volta, dipendono in buona parte dall’appoggio concreto e materiale che la Cina popolare riesce e riuscirà in futuro a fornire nei prossimi decenni alla gigantesca area geopolitica in esame, mediante il processo di costruzione di indispensabili infrastrutture (ferrovie, aeroporti, ecc.), le strutture scolastico-sanitarie, Internet, la nuova Via della Seta e le energie rinnovabili.

Una diversa ma sempre importante coordinata è costituita dalla lotta impegnata senza sosta da parte di Russia e della Cina, tesa ad impedire all’imperialismo statunitense di acquisire un’eventuale (e tragica…) supremazia militare-nucleare con il derivato potere di compiere di sorpresa, senza temere ritorsioni da parte di Mosca e Pechino, il “first strike”: ossia un devastante attacco di sorpresa contro i missili intercontinentali nemici, attraverso le guerre stellari e le basi militari USA che circondano ancora oggi sia la Russia che la Cina.

A tal proposito i concretissimi missili ipersonici che le due nazioni sopracitate hanno già costruito costituiscono un grande successo, in grado di creare un deterrente politico-militare formidabile, per smontare sul nascere i sogni del Pentagono avente per oggetto l’acquisizione del dominio di natura bellica sull’intero pianeta e la possibile genesi di un “Quarto Reich” a stelle e strisce, sorto sulle ceneri radioattive dei maggiori antagonisti della superpotenza americana seguendo gli orrendi esempi di Hiroshima e Nagasaki, nell’agosto del 1945.

Infine, ma non certo per importanza, va portato alla luce il particolare campo di forza ideologico e spirituale, che riguarda invece la conquista dei cuori e delle menti degli oltre più di sette miliardi di esseri umani che abitano il nostro pianeta: e cioè la lotta planetaria che si è scatenata, fin dall’Ottobre Rosso del 1917, tra capitalismo e socialismo sul piano ideal-propagandistico e che continua senza sosta all’inizio del terzo millennio, più viva e importante che mai.

Il geniale Karl Marx aveva previsto giustamente, nel 1843, che “la teoria diventa una forma materiale appena si impadronisce delle masse”: e anche durante il Ventunesimo secolo le visioni affascinanti sul presente e soprattutto rispetto al futuro, i sogni (il “sogno cinese” di Xi Jinping) e le utopie realizzabili, gli ideali e le teorie scientifiche – come il marxismo – entrano a pieno titolo a far parte dello scontro politico-sociale più lungo e più importante che l’umanità abbia mai vissuto, nel corso del suo lunghissimo e travagliato processo di sviluppo.

L’importanza del fattore ideologico-culturale, sia su scala nazionale che planetaria, è stata del resto compresa dopo Karl Marx anche dalla Central Intelligence Agency di Langley nella sua ormai quasi secolare “guerra culturale” – e non solo, ovviamente – che combatteva e combatte tuttora contro il comunismo e gli stati socialisti-antimperialisti presenti in tutto il mondo.1

Ad esempio è poco noto che … “nel processo di produzione di strategia e praxis politico sociale da parte della CIA di Langley era stato in passato, ed è tuttora ben presente il tassello dell’alleanza – ritenuta necessaria e possibile – tra la sinistra antistalinista a livello mondiale e i circoli dirigenti più lucidi del potere statunitense.

Come ha notato infatti la storica antistalinista F. Stonor Saunders, in un suo ottimo saggio intitolato “Gli intellettuali e la CIA. La strategia della guerra fredda culturale”, fin dall’inizio del 1948 e quindi solo pochi mesi dopo la fondazione della Central Intelligence Agency “da qualche tempo l’Agenzia accarezzava una certa idea. Chi avrebbe potuto combattere meglio contro i comunisti di un ex comunista? Dopo i colloqui con Koestler, quest’idea cominciò a prendere forma. La distruzione dei miti del comunismo, egli argomentava, poteva essere raggiunta soltanto con la partecipazione, in una campagna di persuasione, di personalità della sinistra che non fossero comuniste. Al dipartimento di Stato e nei circoli dell’intelligence, le persone cui Koestler faceva riferimento erano già indicate come gruppo, la “sinistra non comunista”. Nel corso di quella che Arthur Schlesinger descrisse come una “rivoluzione silenziosa”, elementi del governo erano giunti sempre più a comprendere e a sostenere le idee di quegli intellettuali che, disillusi del comunismo, rimanevano tuttavia fedeli agli ideali del socialismo.

In effetti, la strategia di promuovere la sinistra non comunista doveva diventare “il fondamento teorico delle operazioni politiche della CIA contro il comunismo, per i successivi vent’anni”. La base ideologica di questa strategia, in cui la CIA stabiliva una convergenza, quasi un’identità, con gli intellettuali di sinistra, fu presentata da Schlesinger in The Vital Center (“Il Centro Vitale”), uno dei tre libri fondamentali che videro la luce nel 1949 (gli altri due erano Il Dio che è fallito, e 1984 di Orwell). Schlesinger registrava il declino della sinistra e, infine, la sua paralisi morale sulla scia della rivoluzione corrotta del 1917, e tracciava l’evoluzione della “sinistra non comunista” come “modello di mobilitazione per i gruppi che lottano per costruire un’area per la libertà”. Era all’interno di questo gruppo che “la restaurazione di una radicale vitalità” avrebbe potuto aver luogo, non lasciando “alcuna lampada alla finestra per i comunisti”. Questa nuova resistenza, argomentava Schlesinger, aveva bisogno di “una base indipendente a partire dalla quale operare. Richiedeva riservatezza, denaro, tempo, giornali, benzina, libertà di parola, libertà di unione, libertà di paura”.

La tesi che animava tutta questa [mobilitazione della] sinistra non comunista era quella che Chip Bohlen, Isaiah Berlin, Nicolas Nabokov, Averell Harriman e George Kennan sostenevano tutti con passione”, avrebbe in seguito ricordato Schlesinger. “Tutti noi sentivamo che il socialismo democratico era il baluardo più efficace contro il totalitarismo. Questo divenne il tema sotteso – o addirittura occulto – della politica estera americana del periodo”. La sigla che designava la sinistra non comunista, NCL (Non-Comunist Left), diventò presto di uso comune nel linguaggio della burocrazia di Washington. «Era quasi un gruppo di tesserati», osservò uno storico.

Questo “gruppo di quasi tesserati” si riunì per la prima volta attorno al libro “Il Dio che è fallito”, una raccolta di saggi che testimoniavano il fallimento dell’idea comunista. Lo spirito animatore del libro fu Arthur Koestler, tornato a Londra in stato di grande eccitazione dopo i suoi colloqui con William Donovan e gli altri strateghi dell’intelligence americana. La storia della sua successiva pubblicazione costituisce il modello del contratto stipulatosi tra la sinistra non comunista e l’“angelo nero” del governo americano. Prima dell’estate 1948, Koestler ne aveva discusso con Richard Crossman, che durante il conflitto era stato a capo della PWD, la Psychological Warfare Division, il quale riteneva di poter “manipolare intere masse di persone” e di possedere inoltre “la giusta combinazione di prestidigitazione intellettuale per poter essere considerato un perfetto propagandista di professione”.2

Il pensiero scientifico di matrice marxista sulle relazioni interstatali, la visione leninista della lotta e dell’interconnessione esistente tra il sistema socialista e quello capitalista deve essere in ogni caso sviluppato e arricchito in modo creativo, per agevolare e favorire il processo di liberazione su scala globale del genere umano che trova oggi il loro alfiere e centro di gravità principale nell’esperienza concreta, seppur segnata da seri limiti contraddizioni, della Cina popolare.

1 D. Burgio, M. Leoni e R. Sidoli, “La matrice di Bazarov-Kautsky e il trotzkismo mediatico”, in www.marx21.it

2 F. Stonor Saunders, “Gli intellettuali e la CIA. La strategia della guerra fredda culturale”. www.marx21.it

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