LO STRAPPO: AVEVA RAGIONE COSSUTTA?

Mar 15, 2021 | articolo

Lo strappo. USA, URSS movimento operaio di fronte alla crisi internazionale, è un libro di Armando Cossutta, pubblicato nel 1982 da Arnoldo Mondadori Editore. Questo testo è interessante per molteplici motivi, soprattutto se analizzato dalla nostra prospettiva storica. La tesi centrale è la visione della rottura del PCI con il PCUS, come uno strappo con la tradizione comunista internazionale. Cossutta è stato un partigiano e dopo la liberazione, un dirigente comunista italiano, protagonista diretto della “degenerazione” avvenuta all’interno del partito; unione di errori contingenti e di sconfitte e fallimenti mondiali. Non è mio intento, in questo luogo, giudicare la vita dell’autore del saggio preso in esame, ma dopo più di trent’anni di globalizzazione ed egemonia politico-culturale americana quasi incontrastata, riprendere in mano “La riflessione collettiva, di massa”, nel 1982 ancora in atto, che ha portato al cambiamento revisionista di chi si definiva comunista in Italia. Le alternative scartate, dalle scelte scaturite in seguito alla marea di “polemiche serrate” nelle fila del PCI e non solo, mostrano chiaramente come dal punto di vista politico, l’abbandono del marxismo da parte della maggioranza della galassia comunista italiana, sia stato un errore capitale. La tesi dell’“esaurimento della spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre” (Berlinguer), consapevolmente o meno, è stata un suicidio politico, una trasformazione così radicale che ha però origini da divisioni lontane, da una quotidiana lotta ideologica che ha visto prevalere i diritti civili su quelli sociali, la democrazia e la libertà astratte e possibili, sulle faticose ed eroiche conquiste egualitarie. Ogni errore, non è stato rielaborato come insegnamento, ma come paragone, come sconfitta o vittoria di un sistema su un altro. Una gara a due poli, che non ha tenuto presente le differenze geografiche e storiche e ha eliminato la linfa vitale del marxismo, cioè il suo implicito antidogmatismo.1 Come hanno ampiamente dimostrato Lenin e Mao, la possibilità di adattare la teoria e la pratica ad un preciso contesto geografico, in un determinato momento storico e in una data congiuntura economica, sociale e culturale, è la vera forza della politica marxista. Non ci sono ricette uguali per tutti, né per l’osteria dell’avvenire, né per l’osteria attuale.

Giustamente nella prefazione del libro, si sottolinea come i dati di fatto dell’edificazione del socialismo in tante aree del mondo, siano stati manipolati da una diversa interpretazione, da “una sostanziale alterazione di una coscienza critico-rivoluzionaria.” Riflessioni certamente tardive da parte di Cossutta, che però rivelano grosse contraddizioni latenti all’interno del partito, in particolar modo a partire dal XX congresso del PCUS (1956) in poi, con l’intervento sovietico in Cecoslovacchia (1968) che funge da spartiacque storico. Contraddizioni esplose irrimediabilmente con la questione afgana e con quella polacca. La sostanza imperialistica della politica americana non è mai cambiata nel tempo, sono mutate di volta in volta le forme e le strategie, ma la volontà di dominio mondiale a stelle e strisce non poteva, né essere ignorata, né essere paragonata all’azione sovietica, che nonostante i numerosi errori, ha effettivamente svolto un ruolo di contrappeso decisivo, sia nel processo di decolonizzazione, sia nelle lotte e nelle conquiste sociali in Occidente. La reazione borghese tramite Reagan e la Thatcher è stata veemente e intelligente. Il neoliberismo ha raggiunto i suoi obbiettivi, primo fra tutti la distruzione del bipolarismo mondiale.

Ecco allora che cos’è, all’atto pratico, l’unipolarismo in tutte le sue varianti, comprese quelle cosiddette multipolari: lasciare incancrenire le crisi, renderle sempre più tragiche, piuttosto che tenere conto di ragionevoli proposte di cooperazione e di mediazione provenienti dall’Urss. Insomma, per i reazionari non vi è infamia che non meriti di essere sostanzialmente tollerata e comunque non impedita, non vi è anarchia e violenza che meritino di essere scoraggiate, se tutto questo giova a combattere l’Urss.”2

Il primo stato proletario al mondo e gli altri paesi socialisti che ne hanno seguito le tracce, incrinavano il disegno di un mercato globale, di una supremazia capitalistica occidentale sul mondo. La poi avvenuta pluralità di equilibri regionali, l’unipolarismo americano travestito da multipolarismo, ha vinto con il sangue e la sofferenza di milioni di lavoratori, principalmente di quelli che avevano osato liberarsi dal giogo imperialista. L’antisovietismo coltivato anche nei partiti comunisti occidentali, è stato funzionale a questo disegno strategico americano, che solo con le crisi degli ultimi vent’anni sta iniziando a vacillare. La liquidazione politica del socialismo reale, esente da una degna critica costruttiva e da una proposta alternativa adeguata, ha condotto i popoli oppressi a spogliarsi dei migliori mezzi e delle migliori armi finora abbracciate dagli sfruttati: il marxismo nelle sue diverse sfaccettature storico-politiche e rivoluzionarie. Torneremo più avanti sull’analisi di Cossutta sulle vicende internazionali del dopoguerra, corpo dell’opera. Alcuni spunti purtroppo, palesano la loro validità a tragedie già perpetuate. Il ruolo dell’Unione sovietica e del blocco socialista ad esempio, come fattore d’equilibrio all’azione dell’imperialismo, permettendo così varchi di lotta anche in Italia ora difficilmente ricostruibili, l’appoggio decisivo al processo di decolonizzazione e il freno alla voracità del capitalismo avanzato internazionale.

Ci hanno privato e ci siamo fatti privare dello scudo reale e delle armi teoriche, che nonostante i limiti e gli sbagli, avevano fatto incamminare una grossa parte dell’umanità sulla strada tortuosa dell’eguaglianza sociale. L’analisi storico-politica di Cossutta è abbastanza buona, con un discreto uso di documenti e opere specialistiche dell’epoca, però d’altra parte ostenta un’eccessiva fiducia nell’Unione sovietica; subalternità politica che ha dimostrato, eccetto in qualche occasione, una mancata comprensione e interpretazione delle contraddizioni sociali, sia nazionali che internazionali. Grazie allo splendido lavoro dello storico Grover Furr3, abbiamo finalmente la conferma delle invenzioni e delle falsità sputate dall’infamante rapporto di Krusciov al XX congresso del PCUS e sebbene Cossutta utilizzi nel suo lavoro la Storia dell’Unione Sovietica di Giuseppe Boffa4, la grandezza di Stalin non era stata ancora completamente intaccata dalla propaganda occidentale. Perché non fidarsi dell’autorevole critica di revisionismo lanciata dal PCC a Krusciov? Come possiamo vedere oggi, chi ha resistito infine all’offensiva imperialista? Forse bisognava cercare di capire maggiormente e di confrontarsi meglio con la Repubblica popolare cinese. Il valore ancora attuale delle “Risoluzioni concernenti la linea comune del movimento comunista internazionale5 realizzate dai cinesi nel 1963, chiarisce la forza, nonostante le contraddizioni e le difficoltà, della via cinese al socialismo. Quindi, se sicuramente è giusto presentare i meriti dell’Urss e combattere l’antisovietismo, non bisogna cadere nell’estremo opposto, cioè di filtrare tutto tramite l’ottica dei soviet e di cedere ad un’ingenua ortodossia riduttiva, proprio perché troppo filosovietica. Ahimè, era necessario intuire prima che l’apertura alle idee “democratiche” e liberali e ad alcune branchie del capitalismo, unita al contemporaneo abbandono del marxismo, stavano conducendo alla sconfitta quasi tutti coloro che hanno seguito a ruota i sovietici, ma anche chi aveva imboccato questa strada in precedenza.

L’analisi sulla politica americana è dettagliata e coglie nel segno la sua essenzialità per le sorti del mondo, dunque anche per il socialismo. La strategia di ricerca perenne dell’egemonia globale da parte degli USA è il leitmotiv che passa, dal mito democratico kennediano, all’interventismo da gendarme del mondo di Johnson, dal ruolo di Kissinger, all’importanza data alle ideologie da Brzezinski. La lettura troppo fedele alla linea del ruolo dell’Urss, non è però esente da ottimi suggerimenti interpretativi. In primis la consapevolezza storico-politica che gli americani hanno rinnegato Yalta e sono i principali responsabili dello scoppio della guerra fredda. I pregi e i difetti della pianificazione socialista centralizzata vengono affrontati con una obbiettività maggiore di tanti “storici” di professione, individuando problematiche delicate per i Paesi socialisti come:

La sfasatura qualitativa tra esigenze dei consumatori e beni prodotti tende invece a farsi sempre più rilevante quanto più i bisogni si fanno, con lo sviluppo stesso della società e della “soggettività” dei suoi membri, complessi e diversificati e se ne affida la soddisfazione alla sfera del consumo privato. […] Una premessa radicale di riforma, verso cui hanno teso e tendono a orientarsi alcune componenti politico-culturali, è la rottura della posizione di monopolio dello Stato di fronte ai consumatori, attraverso l’apertura del Paese al mercato internazionale. […] Il rischio più grave è invece, a mio parere, un altro: e, cioè, connesso al fatto che, fin quando il mercato resta capitalistico – e perciò segnato da una corrispondente gerarchia dei consumi -, l’apertura dei Paesi socialisti a un tale mercato rischia di portare anche al loro interno quelle tensioni anarco-corporative che segnano sempre più acutamente e pericolosamente la vita delle società occidentali. […] Nelle attuali società socialiste tali tensioni – ove si accompagnassero anche a una radicale diffusione della democrazia – non potrebbero aprire che due alternative: o l’effettiva dissoluzione anarchica della società o la reintroduzione in forma generale dei meccanismi sociali coattivi del mercato (e, cioè, la rinuncia agli ideali del socialismo).”6

Purtroppo sono stati commessi molti intollerabili passi indietro, senza poi averne fatti in avanti. Il peso del bilanciamento svolto dall’Urss nei confronti dell’egemonia americana, si mostra con la sua tremenda mole sulle spalle di noi sventurati contemporanei. Di notevole interesse risulta la parte del libro dedicata agli scenari di lotta tra imperialismo e antimperialismo nelle varie macroregioni del mondo. La crisi dello stato sociale in Europa e il contrasto con gli interessi delle multinazionali e degli USA; il fallimento della guerra in Vietnam e la necessità di distruggere con ogni mezzo il suo mito di resistenza; una posizione piuttosto critica sulla linea politica di Cina e Cambogia; l’ossessione controrivoluzionaria, in continuo stato di guerra, in Sud America; le lotte d’emancipazione in Africa; i grandi problemi della regione mediorientale. Nonostante la vastità mondiale degli argomenti trattati, l’analisi è coerente con la tesi generale e riporta spaccati storici davvero rilevanti. Il quarto capitolo sottolinea l’importanza della svolta neoliberista e reazionaria di Reagan, giungendo infine alla parte finale, la più succosa, in particolar modo grazie agli articoli in appendice. “La grande malata del socialismo”, la Polonia, investita dalla trasformazione di Solidarnosc, da elemento rinnovatore a cuneo, “ariete” per la restaurazione capitalista. Metamorfosi programmata fin dall’inizio e sviluppatasi nel rifiuto da parte del gruppo dirigente del sindacato di accettare il progetto del Poup7 di costruire un governo che fosse espressione politica anche del sindacato e della Chiesa, per evitare il disastro dell’incombente crisi economica e sociale. Partendo dall’analisi storica e politica degli avvenimenti polacchi, che portarono grandi conseguenze all’interno del movimento comunista internazionale, Cossutta affronta il tema della democrazia nel “socialismo reale” e confronta dialetticamente lo stesso problema in un paese a modo di produzione capitalistico. Afferma che i diritti e le riforme in Occidente sono stati conquistati dalle lotte popolari e da un compromesso tra blocchi sociali, che è contingente:

Le nuove regole che vengono così fissate sono, infatti, consapevolmente il frutto di una decisione e di un compromesso soggettivi delle forze sociali e politiche prevalenti. Il dato che più alla lunga risulta determinante – e in particolare quando l’evolversi delle situazioni abbia prodotto un mutamento di fondo delle condizioni su cui era stato fondato l’accordo sociale e politico preesistente – è che non sono più ammesse dalle parti sociali delle regole oggettive: e, cioè, autonome dalla volontà delle parti sociali stesse. E così la vita sociale tende a degenerare in una rissosa, incomponibile conflittualità, che spinge verso una progressiva dissoluzione anarchica dell’economia e della società. Ma a questo punto sono le stesse leggi del mercato capitalistico, in quanto semplicemente negate e non positivamente superate, che possono riproporsi “al senso comune” come “norme”, il cui valore, per la continuità della vita sociale, risulterebbe prevalente rispetto alla stessa democrazia. Allora il rischio è di un restringimento esplicito, coattivo della vita democratica, a favore di una intransigente restaurazione capitalistica.”8

Il vincolo interno, la concentrazione del potere politico nelle mani dell’avanguardia rivoluzionaria, dopo svariati anni di lotta di classe nella fase di transizione della dittatura del proletariato, doveva giustamente essere rielaborato, criticato costruttivamente, tentando di modificare ed eliminare gli errori, il burocratismo, la subalternità culturale e le eccessive tendenze autocratiche su tutti. Proprio per questi motivi, inizialmente la proposta politica di Solidarnosc doveva essere analizzata e valutata. Il problema è che spesso sotto la maschera riformista, può trovarsi il nemico, il quale punta solo alla distruzione delle conquiste sociali degli sfruttati. “Il compromesso storico”, “l’eurocomunismo” sono gli esempi più lampanti della mutazione socialdemocratica del PCI. Avendo assunto queste posizioni ed obbiettivi a livello nazionale, il cortocircuito ideologico appariva ancora più marcato a livello internazionale.

Il compito fondamentale dei comunisti è la rivoluzione contro il Capitale. La lezione dell’Ottobre è per questo fondamentale, proprio perché ha rivoluzionato la stessa ideologia, ha forzato la teoria rivoluzionaria, riuscendo ad assaltare il cielo, da una via inesplorata, non attrezzata e impervia. Solo i ciechi o coloro che accettano lo status quo, non vogliono vedere le infinite ingiustizie e le atrocità quotidiane dell’attuale sistema economico e politico. Il quadro delineato in questo testo del 1982 è notevolmente peggiorato, le soluzioni proposte dall’ala cossuttiana si sono dimostrate astratte, insufficienti e inapplicabili. Progresso reale e pace per l’umanità non sono contemplati veramente, in nessun’agenda di lavoro imperialista! Una logica cooperazione per lo sviluppo? Solo per i ricchi appunto! Ci hanno detto che ragionare per rapporti di forza ci avrebbe condotto ad una guerra apocalittica e nucleare. La Borghesia non ha rinunciato però alle sue armi e non ha rinunciato alla lotta di classe. Hanno sradicato le nostre migliori risorse critiche e analitiche, il marxismo e il materialismo dialettico, ma hanno continuato imperterriti le loro trame, proclamando una fittizia fine della storia, un inventata fine delle ideologie, il fantoccio post-moderno! Mentre la modernità per i ricchi al potere continuava! Eccome se continuava!

Discorrendo della situazione europea, Cossutta sembra non prendere in considerazione l’analisi leninista premonitrice sull’Europa9. Gli strappi, in ogni caso, furono veramente sbagliati e autodistruttivi. Si può discutere sullo strappo con il PCUS, ma quello che dobbiamo ricucire è lo strappo con la storia e la filosofia comunista, perché non siamo degli dei, che possono creare dal nulla nuove teorie e pratiche. Abbiamo estremo bisogno di ricucire i problemi del nostro passato, comunista e internazionale. Ne abbiamo vitale necessità per riproporre, per questo determinato momento storico e politico e con le dovute differenze geografiche, una coerente ed efficace politica comunista e antimperialista.

Concludiamo con una riflessione finale dettata dagli articoli in appendice. Consiglio a tutti di leggere la testimonianza e il dipinto di “Luigi Longo internazionalista”. “Dissenso si, rottura mai!”. Perché appunto voleva dire rompere con sé stessi, con la propria natura, con la tradizione dell’“unità nella diversità”. L’intervento espresso nella riunione del CC del PCI del 6 ottobre 1981, “USA e URSS non vanno messi sullo stesso piano” è un onesto tentativo di rafforzare le cuciture da parte di Cossutta. Ciò che agli occhi di un qualsiasi storico serio oggi appare un’ovvietà, per tanti militanti del PCI e purtroppo non solo per i quadri intermedi, ma anche per gran parte della classe dirigente (esemplificativa la dichiarazione di Berlinguer del 1976, in cui esprime la preferenza di stare sotto l’ombrello della NATO, piuttosto che sotto quello del Patto di Varsavia) non è stata così facilmente comprensibile. Nel momento più sfacciato e reazionario della storia americana, il predominio sul mondo da parte dell’imperialismo statunitense, palesa una subalternità europea non solo politica ed economica, ma soprattutto culturale. All’interno del partito che doveva essere il faro degli oppressi, non si riusciva ad afferrare nella sua pienezza il ruolo dell’Urss, facendosi in questo modo persuadere da un antisovietismo di fondo, simile all’analisi sulla Cina odierna. D’altra parte, nello stesso discorso di Cossutta troviamo una lettura coerente su queste tematiche e invece una divergenza, una non chiara presa di posizione sul ruolo della Cina. Dei due cavalli in gara, abbiamo sicuramente puntato su quello sbagliato!10

Occorre audacia nell’opera di rinnovamento. Ma non è svelandone le radici che si rinnova il partito; c’è, invece, il rischio (e più di un rischio) di minare la coscienza e la forza, di mettere, in definitiva, in gioco il suo stesso destino. La risoluzione è, ad esempio di fatto liquidatoria di tutte le società socialiste fin qui realizzate.”11La gravità in tutti i sensi, di questa rottura, la cogliamo oggi con tutti i suoi nefasti effetti. Nessuna agognata Rivoluzione in Occidente e trionfo quasi globale del Capitale. Le prospettive di barbara reazione temute, si sono infine avverate, con un’inadeguata resistenza, soprattutto dal punto di vista culturale e politico. L’illuminismo ha preso il posto del marxismo nella teoria di coloro che sventolavano la bandiera con la falce e il martello. Democrazia, quale democrazia? Quella del “totalitarismo liberale”12? Quella borghese e capitalista? Non può esserci vera democrazia senza eguaglianza sociale! Non c’è nessun esaurimento nell’Ottobre rosso, così come nella Comune di Parigi o nel Manifesto del Partito comunista! Purtroppo abbiamo assistito ad una difesa carente dei principi e delle realtà socialiste, ad una autocritica illusoria e ad un tentativo di continuare la lotta rivoluzionaria di trasformazione della realtà inesistente o inefficace. Chiaramente le responsabilità non sono individuali, sicuramente Cossutta non è il capro espiatorio. Le cause della sconfitta sono collettive. La liquidazione dell’Urss ha liquidato il PCI stesso, che si basava sulla stessa filosofia e storia. Sputando sopra e non rispettando le battaglie eroiche di emancipazione, le conquiste sociali, la vittoria sul nazifascismo e la lotta contro l’imperialismo; lo strappo poteva solo risultare una rovina e così è stato. Dissolto il più grande partito comunista d’Occidente, in qualche battito di ciglia. Complici sicuramente le tattiche scelte ed espresse dal PCI.

È venuta l’ora, siamo già in ritardo di parecchio, di riappropriarsi della nostra storia, dei nostri strumenti. Base necessaria per tornare ad incidere sulla realtà. Guerra alla guerra! La storia cambia velocemente e il futuro non è ancora stato scritto. Il mondo da guadagnare è ancora lì che ci aspetta.

Pietro Terzan

 

 

1

? “La nostra dottrina non è un dogma, ma una guida per l’azione, hanno sempre sostenuto Marx ed Engels, burlandosi a ragione delle “formule” imparate a memoria e ripetute meccanicamente, le quali, nel migliore dei casi, possono tutt’al più indicare i compiti generali che vengono di necessità modificati dalla situazione economica e politica concreta di ciascuna fase particolare del processo storico.” (V.I.U. Lenin, Lettere sulla tattica, aprile 1917)

 

2

? A. Cossutta, Lo strappo. USA, URSS movimento operaio di fronte alla crisi internazionale, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1982, pag.14

 

3

? G. Furr, Krusciov mentì: la prova che tutte le “rivelazioni” sui “crimini” di Stalin (e di Beria) nel famigerato “Rapporto segreto” di Nikita Krusciov al XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica del 25 febbraio 1956, sono dimostrabilmente false, Napoli, La Città del Sole, 2013

 

4

? https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/posts/giuseppe-boffa-storico-antisovietico-rappresentante-del-revisionismo-italiano-di/1059630727572211/

 

5

? “Le immense regioni d’Asia, d’Africa e d’America Latina sono le zone dove convergono le contraddizioni della nostra epoca; esse rappresentano l’anello più debole del sistema di dominazione dell’imperialismo, le regioni del mondo in cui la tempesta rivoluzionaria attualmente colpisce l’imperialismo. […] La vocazione del proletariato mondiale si orienta, alla fine, nella sua totalità verso la lotta rivoluzionaria dei popoli di queste regioni, che rappresentano la schiacciante maggioranza della popolazione mondiale.” A. Cossutta, Lo strappo, pag. 31

 

6

? A. Cossutta, Lo strappo, pag. 66

 

7

? Partito Operaio Unificato Polacco.

 

8

? A. Cossutta, Lo strappo, pag. 161

 

9

? “La parola d’ordine degli Stati Uniti repubblicani d’Europa […] è assolutamente inattaccabile come parola d’ordine politica, rimane pur sempre da risolvere la questione del suo contenuto e significato economico. Dal punto di vista delle condizioni economiche dell’imperialismo, ossia dell’esportazione del capitale e della spartizione del mondo da parte delle potenze coloniali “progredite” e “civili”, gli Stati Uniti d’Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari. […] Certo, fra i capitalisti e fra le potenze sono possibili degli accordi temporanei. In tal senso sono anche possibili gli Stati Uniti d’Europa, come accordo fra i capitalisti europei… Ma a qual fine? Soltanto al fine di schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa e per conservare tutti insieme le colonie accaparrate contro il Giappone e l’America, che sono molto lesi dall’attuale spartizione delle colonie e che, nell’ultimo cinquantennio, si sono rafforzati con rapidità incomparabilmente maggiore dell’Europa arretrata, monarchica, la quale comincia a putrefarsi per senilità. In confronto agli Stati Uniti d’America, l’Europa, nel suo insieme, rappresenta la stasi economica. Sulla base economica attuale, ossia in regime capitalistico, gli Stati Uniti d’Europa significherebbero l’organizzazione della reazione per frenare lo sviluppo più rapido dell’America. […] (V. I. U. Lenin, da “Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa”, 23 agosto 1915)

 

10

? Particolarmente interessante risulta questo articolo sul ruolo attuale della Cina: https://intellettualecollettivo.it/la-cina-e-lerede-dellottobre-rosso/

 

11

? A. Cossutta, Lo strappo, pag.186

 

12

? A. Pascale, Il totalitarismo “liberale”. Le tecniche imperialiste per l’egemonia culturale, Napoli, La Città del Sole, 2018

STORIA DEL COMUNISMO

Storia del Comunismo. Le lotte di classe nell’era del socialismo (1917-2017).
Un secolo di storia contemporanea riletto in 4 tomi con la metodologia del materialismo storico. A cura di Alessandro Pascale, storico e insegnante.

STORIA DEL SOCIALISMO E DELLA LOTTA DI CLASSE

A partire dai materiali di “In Difesa del Socialismo Reale”, nasce una nuova collana, pubblicata in 10 volumi da La Città del Sole.

Clicca qui per maggiori informazioni

Partecipa al finanziamento del progetto facendo un’offerta.

IL TOTALITARISMO “LIBERALE”. LE TECNICHE IMPERIALISTE PER L'EGEMONIA CULTURALE

Il primo volume della collana “Storia del Socialismo e della Lotta di Classe”. Uscito nelle librerie nel gennaio 2019 al costo di 25 euro; Per info sull’opera e sull’acquisto clicca qui.