REFERENDUM 2020 SUL TAGLIO ALLA DEMOCRAZIA – LE RAGIONI DEL “NO”

Ago 14, 2020 | articolo

[Articolo pubblicato su L’AntiDiplomatico il 13 agosto 2020.

È disponibile in formato pdf su Academia]

È fondamentale ribadire di votare NO al prossimo referendum del 20 settembre sul taglio dei parlamentari. Nell’attesa di una vera rivoluzione che spazzi via tutto il marciume presente nel nostro paese, è evidente che occorre difendere il sistema liberale in crisi istituzionale a causa dall’offensiva borghese. I governi borghesi succedutisi durante la “seconda repubblica” fino ad oggi, di centro-sinistra o centro-destra, hanno intaccato in profondità l’impianto istituzionale italiano in senso sempre più smaccatamente classista e autoritario.

Che vi sia da anni un attacco frontale ai pilastri della Costituzione repubblicana non deve stupire. A fronte della crisi egemonica dell’Occidente la borghesia si prepara all’eventualità di governare con un pugno sempre più duro, qualora necessario. Il populismo aziendalista di Renzi non è riuscito a scardinare la Costituzione nel 2016, ma in passato varie sciagurate riforme sono state approvate a furor di popolo nel vano tentativo di eliminare le “caste”. Sono servite invece a spianargli la strada per il dominio assoluto, facilitandone il compito con la costruzione di un finto bipolarismo. Il popolo ha sempre ragione, ma a volte sbaglia, si lascia ingannare dalle allodole, specie quando i suoi classici riferimenti politici sono andati in frantumi o si sono venduti. Capita anche ai migliori, ma quando si scoprono tutte le tecniche egemoniche adottate dalla borghesia si capisce anche che la disinformazione è strutturale e che la questione non si risolve con appelli retorici ma con l’organizzazione politica.

Caro cittadino, devi capire che se voti SI non eliminerai centinaia di “politici”, ma perderai centinaia di rappresentanti del popolo. Dici che costano troppo? Bene, abbassiamogli del 50% gli stipendi per cominciare, ma il problema vero è di mandare le persone giuste a quei posti, non di indebolire la rappresentanza democratica. La posta in gioco è comunque più ampia: il taglio dei parlamentari, che comporta una perdita di peso del potere legislativo (il Parlamento è l’unico organo eletto direttamente dal popolo), è palesemente in linea con la tendenza a rafforzare il potere esecutivo, ossia i Governi, che sempre più prevaricano il potere legislativo governando con decreti. Il 2001 a Genova abbiamo visto a quale esito possa giungere un governo autoritario in Italia. I più anziani hanno vissuto anche la “strategia della tensione”, e sarebbe bene ne parlassero con i propri parenti più giovani.

Di fronte ai segnali di crisi di una democrazia occorre rispondere rafforzando la stessa democrazia, non indebolendola. I 5 parlamentari che hanno fatto richiesta dei contributi di emergenza sono vergognosi e dimostrano un dato che è una costante nella storia del nostro paese: la corruzione e l’immoralità sono una presenza costante, e non sempre minoritaria, delle forze politiche che ci hanno governato in 160 anni di storia italiana.

Il Parlamento è marcio fino al midollo, ma diminuire il numero dei parlamentari può soltanto accrescere il rischio di corruzione, aumentando i poteri della quota dei parlamentari corrotti. Il problema della corruzione è in realtà endemico nel sistema politico, economico e sociale borghese, ossia nella struttura capitalista, e in forma ancora accentuata nella sua attuale fase imperialista.

Ammesso che sia effettivamente possibile, per eliminare sistematicamente la corruzione dall’animo umano occorrerebbe passare per una lunga stagione storica caratterizzata da una democrazia reale, sostanziale, in cui i cittadini partecipino attivamente alle decisioni del paese. Occorre insomma superare il sistema della democrazia rappresentativa tipica del liberalismo borghese e tendere alla democrazia diretta. Alla finta democrazia liberista va contrapposta la rivendicazione di una democrazia socialista.

La classe lavoratrice deve prendere consapevolezza che la borghesia non è più in grado di governare questo paese e che deve assumersi la responsabilità storica di prendere il potere per mettere in atto una vera palingenesi, una profonda rivoluzione indispensabile per avviare la risoluzione di tutti i problemi strutturali di questa società.

Per tutte queste ragioni il 20 settembre voto NO contro una manovra in linea con la lunga, silenziosa e strisciante svolta autoritaria favorita dalla nostra borghesia stracciona.

È tempo di avviare una riflessione approfondita sulle modalità più adeguate per costruire un’alternativa politica solida e concreta a questo totalitarismo sempre meno “liberale”.

Alessandro Pascale

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