LA RIVOLTA DEGLI SCHIAVI DI HAITI
[Quella che segue è l’introduzione della Tesi di laurea dello storico Pietro Terzan, dedicata alla figura di Toussaint Louverture, leader della prima grande rivoluzione antischiavista vittoriosa della storia. Il lavoro integrale è stato gentilmente messo a disposizione dall’Autore ed è scaricabile in PDF dal seguente link]
“History is a living thing, it is not a body of facts”1. Il silenzio obbligato a cui è stata costretta la persona con il colore della pelle diversa dal bianco, è un silenzio prettamente politico. Nel corso della modernità il potere eurocentrico del progresso civilizzatore ha imposto con la forza, tramite il colonialismo e il razzismo, la propria volontà su gran parte del nostro pianeta. La schiavitù e lo sfruttamento sono stati strumenti diretti per costruire una gerarchia economica e sociale basata sul primato dell’uomo europeo, che in quanto padrone necessitava del lavoro dello schiavo per mantenere l’egemonia. Il quadro, sia in generale che nei vari casi particolari, è molto più complicato e sfaccettato di così. Le pulsanti contraddizioni della vita hanno mescolato le carte in maniera spesso diversa nei più molteplici contesti. Il desiderio di libertà, che può contribuire al cambiamento di un determinato governo, alla morte di un determinato re, alla fine di un ancien régime; dopo la Dichiarazione d’indipendenza americana nel 1776 e La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 in Francia, aiutò a sferrare un duro colpo teorico alla segregazione razziale mondiale, consentendo a coloro che erano in una posizione di subalternità di iniziare a far proprio il discorso dell’uguaglianza di tutti gli uomini e di scagliarlo contro il potere costituito. Non è stato però il paternalismo abolizionista delle idee radicali della borghesia europea a spezzare le catene allo schiavo, ma il suo sangue, versato per la passione e il sogno di vivere da uomini liberi. In questa piccola ricerca analizzerò la rivoluzione degli schiavi di Santo Domingo nelle Indie occidentali francesi, che portò alla formazione del primo stato indipendente moderno nelle mani dei “negri”, Haiti. Susan Buck- Morss, in Hegel e Haiti. Schiavi, filosofi e piantagioni, ha dimostrato che il filosofo tedesco, mentre scriveva la Fenomenologia dello spirito, era a conoscenza dai giornali della rivolta di Santo Domingo. “L’individuo che non ha messo a rischio la propria vita potrà pure essere riconosciuto come persona, ma non avrà raggiunto la verità di questo riconoscimento, non verrà cioè riconosciuto come un’autocoscienza autonoma. Parallelamente, quando mette a rischio la propria vita, ogni individuo deve tendere alla morte dell’altro proprio perché ritiene di non valere meno dell’altro”2. Come si può non vedere in questo, come in altri passaggi importanti del capitolo sulla dialettica servo padrone, la connessione con la situazione conflittuale delle colonie? Il significato principale di rileggere queste pagine della nostra storia è la loro clamorosa rilevanza nel nostro presente. Guardare indietro a queste vicende ci aiuta ad affrontare problematiche critiche della contemporaneità come l’immigrazione costante dalle periferie alle metropoli e dalla povertà alla ricchezza da parte di migliaia di persone. Questi movimenti globali fanno incontrare e scontrare culture e idee della libertà individuale e collettiva differenti, ma anche della gestione della società e del potere. La sorte di queste persone che purtroppo oggi muoiono in mare come ieri, gettando una similitudine terribile tra le condizioni delle navi negriere e quelle delle imbarcazioni di fortuna che tentano di arrivare al benessere occidentale. Questi famosi viaggi della speranza illusoria, che somigliano in realtà ad attraversamenti infernali, sono legati, come nel passato, alle decisioni economico- politiche di chi detiene il potere. Probabilmente senza la Rivoluzione Francese sarebbe stato difficile realizzare un tale sconvolgimento nelle Antille francesi. Certamente però la libertà di autodeterminare il proprio destino non è stata donata dall’alto né da un re, né da un parlamento né dai proprietari di piantagioni e dai commercianti atlantici, ma è stata conquistata tramite una lotta di liberazione nazionale incessante, senza quartiere e scrupolosamente organizzata da parte degli oggetti di proprietà del padrone bianco. “In base al mio approccio, il razzismo è relazionale: esso colloca gruppi specifici in gerarchie che si distinguono a seconda del contesto e degli scopi di volta in volta perseguiti”3. Questo criterio, unito all’ attenzione sui rapporti di produzione economica e sugli avvenimenti politici, mi guiderà nel tentativo di cogliere e sciogliere i nodi gordiani di una grande impresa vittoriosa dei popoli oppressi contro il giogo mortale dell’imperialismo. L’unico caso nella storia in cui una rivolta di schiavi è andata in porto.
Pietro Terzan
1 ? James Cyril Lionel Robert, I giacobini neri. La prima rivolta contro l’uomo bianco, Roma, DeriveApprodi, 2015, p.10
2 ? G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, Milano, Bompiani, 2011, p.281
3 ? F. Bethencourt, Razzismi. Dalle crociate al XX secolo, Bologna, Il Mulino, 2017, p.14
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